domenica 22 novembre 2009

Fariseismo e falsi profeti


I falsi profeti, di qualsiasi credo essi siano, tendono ad affermare, implicitamente, nei riguardi dei propri simili, devoti o sudditi, il principio perverso del: “…non fare ciò che io faccio!” e “se la fai, falla franca!”
Ciò è affermato per se stessi, attraverso una esoterica imposizione agli altri,
un modo per scaricare la propria cattiva coscienza, che fa loro asserire: “ .. non dovrei fare ciò che io faccio ma, quale inconscio personale atto riparatore, ciò che non sono in grado di imporre a me stesso, dall’alto della mia autorità lo pretendo da altri, cosicché è quasi come, indirettamente, lo imponessi a me!” punto. La coscienza è rimessa a nuovo.
Il medico fumatore afferma: il fumo uccide!” non ucciderà lui però.
A guisa della selva di politici, parolai che ci ammaniscono giornalmente esempi da seguire, falserighe che, se la legge fosse uguale per tutti, ci ritroveremmo direttamente nelle patrie galere.
La cattiva coscienza sembra divenire la regola; l’imbarbarimento delle istituzioni ne è la normale conseguenza.
C’è chi inganna, ruba, torteggia, evade le tasse, corrompe, taglieggia uccide, eppure vi è sempre il leguleio che, soldi alla mano, li salva, pur sapendo esattamente quale sia la verità vera.
C’è chi s’impicca in prigione, dopo una condanna a quattro anni per aver rubato uno zaino e c’è chi, in galera ci dovrebbe stare a marcire per i delitti commessi; invece è fuori e pontifica e non governa ma dirige, comanda e minaccia e racconta barzellette e bugie, per la gioia degli italiani e per l’ attendibilità dell’Italia all’estero.
Ciò che avvelena la democrazia potrà essere ancora corretto?!
Siate giudiziosi cittadini, nella casa delle libertà, ognuno ha licenza di fare ciò che gli aggrada, … e, se la fate, combinatela grossa e vedete di farla franca!
Novelli farisaici semidei o vili furfanti in libera uscita? ai posteri e … alle urne, per chi ancora ci crede, l’ardua sentenza.
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giovedì 12 novembre 2009

Il punto


In questi ultimi cinquant’anni, pur avendo avuto personaggi dalla levatura politica encomiabile, attivando nel Paese e fuori, universale stima e considerazione, lo Stato, monopolizzato da una burocrazia mastodontica, formalista e pedante ma, soprattutto gattopardesca e misoneista, non è stato in grado di incidere significativamente su una società, specie al Sud, dominato da lobby mafioso/camorristiche che hanno prodotto e producono più o meno ovattate soperchierie e violenze di ogni genere sulla gente, in talune zone al limite del tribale. Ma, se il Sud piange, da oltre un ventennio anche il Nord non ride; questo cancro stà intaccando ormai quasi tutto il paese. Le smargiassate del Pdl, millantate come libertà, quale pare volersi intendere l’agire come conviene al “padrone”, usando il Parlamento come fonte di leggi di copertura alle proprie malefatte.
Libertà intesa come ‘mani libere’; ciò è da definirsi liberticidio, altro che libertà. La ripugnanza e il disgusto di fronte a tanto dispregio delle istituzioni non dovrebbe avere limiti e dovrebbe generare risposta spontanea, veemente e inflessibile da parte dei cittadini. “Sino a quando uno spirito di rivolta morale sarà in piedi, indifferente a seduzioni, blandizie e minacce, la democrazia in Italia sarà al sicuro” Stiamo assistendo ad un processo epocale di decadenza; il termine civiltà si fa sempre più esile e ciò che si assapora, giorno dopo giorno, non fa presagire nulla di buono. Si inserisce, in tutto questo, un’altra forte realtà: i giovani per lo più si disinteressano di politica (la quale, o si fa o si subisce), con conseguenze, anche immediate, di lasciare mano libera ai pochi che vi si dedicano e che non troveranno ostacoli o critiche severe al proprio operato. Non penso siano da imputare loro colpe se non in parte; queste sono più da ricercarsi nei programmi governativi della scuola, di ogni ordine e grado, programmi che, dal dopo guerra, hanno ignorato la storia recente, forse per i troppi cadaveri nell’armadio di personaggi che, allevati e dal regime fascista, sono rimasti, salvo rari casi, classe dirigente anche dopo la guerra immane del 1940/45, mascherando le responsabilità che ne derivavano e perpetuando il pressapochismo del ventennio. Si è ancora fermi alle guerre puniche, agli dei dell’Olimpo, a Giove che si svacca con le sue escort. La rivoluzione francese? e quella russa? e le guerre d’indipendenza americane? e la prima guerra mondiale? e la seconda, la più terribile? e le guerre di religione con i loro milioni di vittime? Sì, ‘en passant’ se ne parla ma le ragioni storiche che facciano riflettere sui “perché”, quelle che dovrebbero incidere nelle coscienze, affinchè non si ripetano più simili barbarie, sono troppo deboli e talvolta inesistenti. La decadenza etica e morale che caratterizza sempre più il nostro Paese, mi riconduce al pensiero etologico dei comportamenti animali e mi chiedo: quale gusto perverso porta certi individui ad essere paragonati a dei predatori, con una differenza non banale: il predatore animale, se nutrito si acquieta, mente il predatore uomo non è mai satollo. Inquisiti e condannati non si contano. Anche se è la destra a fare la parte del leone, pure al centro e a sinistra si deve fare bucato. Ma si sente ancora qualcosa di sinistrorso? Esisteva una volta il socialismo (Craxi dis-fecit); si dice che gli adepti siano confluiti per la gran parte nel berlusconismo e ora, dopo settanta anni di battaglie antifasciste, la gran parte di questi governa con gli ex M.S.I.; fantascentifico e scandaloso. Pertini, Matteotti, Nenni ma anche Degasperi, Segni e Moro (non Andreotti) uomini famosi che fecero l’Italia repubblicana, si rivoltano nella tomba. Ma non era (dallo Zingarelli) il “socialismo: il partito che propugna-(va) l’eguaglianza politica, sociale ed economica di tutti gli uomini?” Berlusconi, con Ghedini (ma valà!, ma valà!...) difatti propugna tutto ciò. Con il fascismo, senza la tessera del partito non si lavorava; anche ora nel Sud, ‘do ut des’, senza favoritismi non si lavora. E Bossi intanto aspetta e spera che le promesse dell’innominato si avverino; sognare è lecito, è solo sogno! (more...) Leggi tutto...

mercoledì 10 giugno 2009

Le credenze religiose - panteismo e ragione


È sempre più attuale nella letteratura moderna il tema “ragionato” sulla presenza e sui valori delle varie religioni del pianeta, sulla loro funzione passata, presente e futura. La delicatezza dell’argomento richiede il rispetto dovuto ai professanti di qualsiasi “credo” ma non può non esigere altrettanto rispetto per scettici, agnostici e atei; pertanto, affrontare serenamente il lato storico documentato e palese dei vari “credo”, va a chiarezza e vantaggio della verità.

Autori quali: Nietsche, Bernazza, Augias, Zavoli, Rendina, Leedom-Murdy, Romano, Ceccoli e altri hanno affrontato di petto i problemi posti dalle credenze religiose sotto ogni cielo. Se ne deduce che, tutte le morali e le leggi mirano a creare delle abitudini, ad eliminare il chiedersi: perché…?, fino ad ottenerne istintivamente la totale assuefazione. A lungo andare questo diventa pregiudizievole per la “ragione”. Agire per abitudine crea pigrizia mentale e, nell’immediato, il timore dell’insolito, di ciò che, a loro volta fanno o pensano gli altri indottrinati. Ciò che, a questo proposito, viene infuso da piccoli porta a non ragionare, ad agire d’istinto, un istinto precedentemente inculcato. …”Quello che le chiese, le religioni hanno sempre voluto sono cecità e stordimento introspettivo, negando e svilendo la ragione, il discernere cioè il vero dal falso” [1].
La fede, a qualunque religione essa faccia riferimento, è educazione teista martellante, assillante, ossessiva, fin dai primi anni d’infanzia, con le implicazioni che queste trascendenti fantasie comportano quali: condizionamenti, suggestioni, dipendenza, sottomissione alle cosidette autorità spirituali, ai gran sacerdoti, fin dai tempi degli Assiri e dei Babilonesi, (IV° millennio a.C.). Questi adoravano diversi dèi e le loro politeiste credenze hanno influenzato in modo determinante anche le sopravvenienti religioni ebraica, cattolica e musulmana. Di tale sistema educativo abbiamo ancora esempi nelle scuole coraniche, dove ai bambini è insegnato esclusivamente il libro-parola di dio. Delle numerose frammentazioni della devozione cristiana in: cattolico-romana, protestante, anglicana, testimoni di Geova, Chiesa d’Oriente, evangelica, ortodossa russa, ortodossa greca, pentecostale, valdese, calvinista, lefebvrebiana, luterana, puritana, metodista, battista, mormone, ugonotta, presbiteriana. maronita, ecc.… oltre alla neonata oscena Scientology, ognuna ha rituali propri; differiscono i sistemi di erudizione chiesastica.
Così è per il mondo musulmano, con sciiti e sunniti, per citare i due schieramenti più radicali. Pur facendo, ognuna di loro, riferimento ad una o a più divinità e ognuna predicando la propria “verità”, si sono generate in passato diatribe religiose che hanno assunto punte di esasperazione e di fondamentalismo tali da provocare a loro volta guerre terribili, con conseguenze catastrofiche su interi popoli e continenti (pensiamo alle Crociate (con i conseguenti saccheggi e depredazioni) alla guerra dei trent’anni in Europa, (con quattordici milioni di morti), alla Santa Inquisizione (con decine di migliaia di condanne al rogo) alle recenti sanguinose divisioni fra protestanti e cattolici in Irlanda del Nord, al genocidio, nel nome di Dio, dei popoli latino-americani, delle Filippine, di Haiti, solo per citarne alcune, per non parlare dei passati soprusi in casa nostra e in Europa. Si assiste tuttora a tragiche contrapposizioni in India, nelle Filippine, in Eritrea e altrove?
Mio padre spesso mi riportava il ricordo dei sacerdoti che benedivano le armi all’inizio della prima guerra mondiale; erano armi della cristiana Austria, che avrebbero ucciso altrettanti soldati della cristiana Europa.
Le orde di Hitler erano guarnite della scritta “Gott mit uns”, Dio è con noi – Bush, nel mandare al massacro i suoi soldati, reclutati sulle strade di casa, fra i disoccupati, fra i diseredati della grande nazione “democratica” americana, ha presentato al suo popolo le guerre con la mano destra sul cuore e con un “Dio ci aiuti” (… e quindi, Guantanamo…)
Sono solo alcuni esempi fra gli innumerevoli fatti che si sono verificati e che accadono, sotto ogni cielo, anche ai nostri giorni.
La cosiddetta fede si identifica nell’istinto di dominio e di sopraffazione, naturale in quasi tutte le specie animali, ma più accentuata nell’uomo; egli ha usato e usa il suo raziocinio mentale, per sopraffare gli elementi più deboli e indifesi delle proprie società.
Non gli dèi hanno creato l’uomo ma l’uomo ha creato dèi che non rispetta, usandoli spesso ai propri fini quali il raggiungimento di ricchezza, di potenza, con abusi di ogni sorta, politici, sessuali, razziali, discriminatori, il tutto nel più assordante e passivo silenzio.
… “ e i sogni, le paure ataviche, primordiali, hanno creato le religioni, le credenze; motivi e temi mitologici hanno creato gli esseri soprannaturali, retaggio delle innumerevoli religioni esistenti e scomparse.” [2]
Più si inculca e più si ha fede; in cosa? in divinità le quali, dei mali del mondo non se ne curano e non l’hanno mai fatto? Per curarsene dovrebbero materializzarsi mettendo ordine; ma quale teodicea, ma quale infinita bontà, onniscienza e misericordia, ma quale carità e compassione, ma quale amore, ma quale presenza soprannaturale…ma quale…
Ogni religione crea sudditanza psicologica, la quale limita, quando non disconosce, il libero pensiero. Il vecchiume rappresentato dal conservatorismo antistorico, a lungo andare, ha fatto e sta facendo perdere sempre più terreno alle credenze divine, al sacro.
Se Gesù, quel grande uomo che fu, così grande che nemmeno lui si sarebbe sognato di diventare, ebbene, se egli dovesse tornare, troverebbe il Suo tempio non pieno di mercanti ma di vipere che, nel Suo nome hanno perseguitato, ucciso, torturato , vilipeso, affamato e sterminato popoli interi, per secoli e secoli. E i musulmani? si stanno ancora sbranando fra le diverse fazioni religiose, non risparmiando nulla e nessuno, uomini, donne, bambini e vecchi saltano ogni giorno per aria con orribili attentati o sono sgozzati come agnelli. Tutto il divino possibile e oltre, nel nome ognuno del proprio dio e della propria fede. Se ne potrebbe scrivere, non un volume, ma una biblioteca.
É sistema collaudato da secoli e prerogativa di tante confessioni l’appropriarsi dell’essere appena nato e di mollarlo con il suo funerale.
Fra le molteplici circonvenzioni e manipolazioni delle cosidette “verità rivelate” hanno potuto prolificare e diffondersi la teologia zoroastriana [3] e le deità babilonesi, egizie, greche, romane, shintoiste, buddiste, taoiste, giudaiche, cristiane, cattoliche, confuciane, taoiste, islamiche, induiste, ecc.
Le antiche credenze erano anche peggiori ed il fedele era costretto ad adeguarvisi, pena la morte. Galilei, per il solo fatto di affermare che il sole sta fermo e la terra vi gira intorno, ha rischiato il sacro rogo, si il sacro rogo, perché anche gli strumenti di morte usati dalla Chiesa erano ritenuti “sacri”.
Pure ai giorni nostri, chi si spinge un po’ più in là con dichiarazioni o scritti ritenuti “blasfemi”, rischia un anatema, una scomunica, una fatwa (condanna a morte).
La gestione di enormi capitali su tutto il globo, nei paradisi fiscali, il divario del benessere goduto da prelati, papi, vescovi, è ovunque affermato storicamente e il lusso vaticano (pur senza la sedia gestatoria) è ancora imperante; la vita in povertà, è rimasta prerogativa forse solo delle umili parrocchie. Nel mondo arabo certo lusso è retaggio di secoli di tirannia dei potenti, a loro dire, un pò tutti discendenti di Maometto e perciò, per volere divino, diversi, superiori; da loro, a chi l’acqua in casa sgorga da rubinetti d’oro e a chi manca persino da poter bere; questo è il credo e la pratica religiosa dei “fratelli” musulmani e, secondo quanto i potenti asseriscono, il volere di Allah.
In India vige una fortissima teocrazia; popolata da migliaia di dèi, la società è tutt’ora divisa in caste, (l’infima delle quali sono gli “impuri”, gli “intoccabili”) rigorosamente disciplinate dalla religione. La maggior parte della popolazione è in stato di estrema povertà, analfabetismo e vi regna una mortalità infantile fra le più alte del mondo. È molto venerata la sacra Trimurti, (Brahmä, Shiva e Visnù) e le signorie imperano.
E i popoli? per lo più sono amorfi, si preferisce non pensare, non approfondire, non cercare di sapere, perchè anche il “sapere” è nemico acerrimo del sacro – più si sa e meno si crede (così come in politica: troppo presto e spesso si dimenticano vere e proprie delinquenze subite dalla società civile). La scienza? il male del mondo, il grande satana, la tentazione che porta alla perdizione perpetua dell’anima (sic.) in quanto riesce a far ragionare e a chiedere risposte certe. L’evoluzionismo di Darwin? criminali pettegolezzi di antropologi e naturalisti; il mondo ha diecimila anni e l’uomo ne è presente perché un dio in una settimana ha fatto terra, oceani, animali di ogni specie, perfino una donna con la costola della sua prima cretura, a sua volta fatta con un po’ di fango. Alla fine della settimana durante la quale ha fatto terra, sole, stelle, firmamento e tutto l’universo, essendo domenica, ha riposato.
Pure prendendo atto che l’uomo sicuramente cerca responsi a domande alle quali le innumerevoli credenze religiose esaustivamente non possono dare, affrontare con coscienza queste problematiche a molti parrà crollare loro il mondo addosso; io stesso, da emigrante a Zurigo negli anni cinquanta, ho avuto modo di frequentare religioni diverse; ho sentito allora il mio credo vacillare e affievolirsi sempre di più. Risposte vere, visibili, dimostrabili, possono derivare solo, non da verità rivelate, da superstizioni imposte, ma dalla ricerca, dalla libera scienza, da una società civile scevra da qualsiasi sacralità, anche se, da tali traguardi, “l’Homo sapiens sapiens” pare essere ancora molto lontano.
Non è un caso che una percentuale che sfiora il 95% dei maggiori scienziati, antropologi, filosofi, matematici, naturalisti e altri siano non credenti o, quantomeno, agnostici.
Citiamo alcuni dei liberi pensatori: Lincoln. Jefferson, Russel, Picasso, Darwin, Freud, G.Bruno, Newton, Dickens, Edison, Beckett, Camus, Eliot, Franklin, Fromm, Galilei, Kant, Kipling, Huxlej, Paine, Miller, Nichtingale, Shakespeare, Shaw, Twain, Brando, Asimov e tanti, tanti altri…


[1] Da La santa casta della Chiesa – C.Rendina – Newton-Compton, IV^ ediz. - 2009
[2] id. come sopra – (volume con oltre duecento riferimenti bibliografici)
[3] Zoroastro, Buddha, Laozi (taoismo), usarono, molto tempo prima di Gesù, le parole:”Io sono la Via, la Verità e la Luce”. Nel VI° sec. a.C. da una vergine, alla presenza di alcuni pastori, nacque Mitra, deità venerata dai Romani; egli era conosciuto come “la Via, la Verità, la Luce, la Vita, il Verbo, il Figlio di Dio, il Buon pastore” (v. Il libro che la tua Chiesa non ti farebbe mai leggere – T.Leedom – M. Murdy – Newton - Compton , 19^ ediz. – febbr. 2009)
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mercoledì 25 marzo 2009

Il mondo a gambe all’aria


Una volta di più si dimostra come il procedere del tempo, del progresso e della modernità, siano oggetto di critica severa e di palese tradizionalismo immobilista da parte, sovente, dei più anziani e di taluni poteri morali interessati, che stentano, ostacolano e non vogliono né capire, né comprendere l’evoluzione dei tempi.

Il poemetto dell’abate Giacomo Antonio Turrati, scritto nel lontano 1824, nel pieno del regime di restaurazione Stato-Chiesa post- napoleonico e tradotto qui, per estratto, dall’antico dialetto roveretano, adattato a quello ronconese (un tantino ostico e da leggersi diligentemente) enuncia in modo arcigno ma anche sconsolatamente ostile, i vizi della società di allora, recriminando sui mutamenti del consorzio umano come inauditi peccati mortali.
Ne tracciamo un breve, nerissimo profilo:
- negli anni trenta del 1800, si seguono mode bizzarre, dove è difficile distinguere l’uomo dalla donna: gli uomini portano i tacchi alti e il bustino e le donne vanno con le braccia nude e vestite da maschera - i cibi genuini sono relegati in soffitta – si beve birra tedesca e, terribile a dirsi, rum della Giamaica – tutti vogliono farsi più grandi di quello che sono (pu grant el cul de col che l’èi la braga) – si piantano dappertutto debiti correndo il rischio di andare in prigione – se il prossimo crepa di fame non interessa a nessuno – odio, vendette, persecuzioni, malafede – le donne usano discorsi da facchini di porto e gli uomini sono come belve, pronte a calare sulle giovani, prede indifese e, inaudito, è la terra che gira attorno al sole e non viceversa.
Nella parte centrale del poemetto didascalico, l’autore lamenta inoltre (non prendendosela naturalmente con il padreterno) “un tempo meteo strano, con freddo e caldo fuori stagione, lunghi periodi siccitosi e le stravaganze di cicli stagionali che non vogliono mettere giudizio. Primavere cancellate, estati brevi e torride, temporali e piogge a non finire perché le belle stagioni, ordinate e precise, se ne sono ormai andate”
Allora, diciamo noi, qual è la differenza dalle lagnose geremiadi di adesso, rispetto a centottantanni fa? A quanto appare, tutto come allora.
E non è un continuo piagnisteo oggidì per il mutamento dei costumi? O tèmpora! o mòres! - o tempi! o costumi! (Cicerone, 106 a.C.). Nelle varie epoche si dimostra come tali cicliche “lamentazioni” siano per lo più inconsistenti, immaginarie e infondate.

Titolo originale:”El mondo dal cul en su” - dato a Venezia nell’anno 1824 e recitato presso la celebre “Accademia degli Agiati” di Rovereto.


El mónt l’è na col cul su drìt
(Il mondo e andato a gambe all’aria)

(estratto dal 14° al 63° paragrafo)


Adès i è tep che ognun pensa par sì
E se ‘l pròsim crepa de fam
Co ölèl dir? Se sèghita l’istès
Pur da far i sö ‘nterès:
Sa ‘l strangóla, se dròpa ogni ingàn,
Anzi: ‘l pù brao, ‘l pù famos l’è quèl
Che riva a strangolàr el so fradèl.

Né ‘n giro, né! né al’ostarìa a scoltàr
No sentiré, da coschì e da col’àlter,
Che ‘ntorno a fonne e a sporcarìe ciaciaràr
Tat che sti asanón, a le putèle
I ghe tènd dré pù che ‘l lof ale agnèle

Aca chil che è ‘n mìgol galantòm,
A vedér che adès ghè tut svoltolà,
Ghe par che ‘l mónt col cul su drìt sie nà.


Tolé par mà le scienze e vedaré
Quate rivoluzión che le à patì
E i parér de ancö no i gataré
Squasi nigun l’istès a quij de ‘n dì.

Se voléva na olta che ‘l sol girès
Dì e nòt ‘ntorno ala tèra
E che la tèra sèmper ferma stès,
Ma tut quat al rovèrs adès se völ:
Che la tèra, dì e nòt ‘ntorno vaghe
E che,… ma se pöl?, ‘l sol fermo ‘l staghe

E quac’ svoltolaméc’ e rivoluzion
No àla fat la medicina?
E quate opinión s’à vist, contra opinión
E, ‘n sistema, butàr col’àlter en ruina?

Ma, ala fin ste sapientón i è compatì
Öh!... ma vèi i è guidè dala rasón
Ma col che fa restàr pù sbalordì
L’è che, ‘n mèz ala nòsa religión,
Ghè na pila de set che ormai crèz
‘N de ste rusunéte e vöde opinión

Oh! coschì sì che ‘l fa strasicolàr
E ‘l sanch ‘n le vene ‘l fa ‘nglaciàr.

Pensarèsef valtre adès che mì avèse sugà
Su ‘l sach dale rasón numa par, en pit,
Caciàrve ‘ndal có la pura verità:
Cola che dalbón ‘l mónt l’è nà col cul su drìt?

Co ghe völ amó de pù par far capir
Col che nfin adès ò volèst dir?
Ma se ‘l mónt col cul su drìt l’è,
Vardóm almen de no narghe dré.
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mercoledì 4 marzo 2009

L'Autonomia minacciata


Dopo oltre settecento anni di dominio straniero, sudditi di nobili, di Chiesa e degli Asburgo, ritenuti sprezzantemente ‘welsch’ dal mondo tedesco e ‘crucchi o tognì ’ da quello italiano, terra di conquista e d’invasione da parte di francesi e bavaresi, i trentini hanno potuto ottenere una loro agognata autonomia e con essa la dignità di sentirsi cittadini di una comunità in grado di autoamministrarsi, responsabile del proprio ordinato sviluppo socio-economico.


Dopo migliaia e migliaia i morti per Casa d’Austria prima e migliaia finiti deportati in Italia, nel 1918, alla fine delle ostilità poi (alla faccia di ‘suolo e popolo redento’), nel 1946, con il trattato Degasperi-Gruber, la acquisizione della autonomia costituì il riscatto di una popolazione che ben poco aveva da spartire con la italica mentalità. Per secoli come iloti, oberati di tasse dal principato vescovile e dal potere, (lo testimoniano le sollevazioni popolari contro l’esosità dei gravami e le conseguenti: ‘guerra rustica’ del 1525, guerra delle noci, la sollevazione del Dazio di Tempesta), da funzionari imperiali prima e da commissari savoiardi e fascisti poi, l’affrancamento di una autonomia, nell’ambito di trattative esasperanti e mai definitivamente risolte, ridiede dignità ad un popolo fino ad allora obbligato, per sopravvivere, ad una disperante emigrazione. Il Trentino conta, ancora oggi, più conterranei ex emigranti, altrove trapiantati, di quanti ne risiedano tuttora sul territorio provinciale.
La massiccia presenza e invadenza della burocrazia non indigena non è riuscita ad intaccare definitivamente l’atavico spirito locale, anche se molto è ormai andato perduto. Non siamo stati, nostro malgrado, lentamente meridionalizzati e non stiamo purtroppo scivolando sempre di più verso una italica forma mentis?
Comunque la laboriosità, i principi di dignità, di onestà, di cultura e di buon governo, hanno portato questa nostra terra ad essere invidiata, specie da chi, nel Belpaese, troppo spesso ha trascurato autodisciplina, sobrietà e parsimonia. Ora i lacchè leghisti, proprio loro, portabandiera delle autonomie regionali, si fanno ambasciatori di rivendicazioni che pensavamo, in virtù della Costituzione, non dovessero più essere messe in discussione. E il ‘timoniere’ sta furbescamente zitto, manda avanti la Lega, la meno accreditata a farsi portavoce di simili corbellerie, con l’intenzione di violare queste agognate legittime conquiste.
Non è in discussione la solidarietà nazionale in tempi di recessione, se ne parli ma non si tentino unilaterali colpi di mano, chiedendo compartecipazione e sacrifici i quali sappiamo, tra l’altro che, pur se copiosamente elargiti fin dal 1948, non sono stati in grado di produrre cambiamenti significativi nel Paese.
Ma l’autonomia non era il leitmotiv, il cavallo di battaglia della Lega, la quale a suo tempo andava sbracciandosi al grido di “Roma ladrona”?
Spero che i trentini tutti siano pienamente coscienti di ciò che la conquista della autonomia di questa terra è costata in secoli di attese, di umiliazioni e di sacrifici e avendola ormai idealmente interiorizzata, sappiano esprimere fino in fondo la loro concreta indignazione, qualora le congetture di violazione dovessero concretizzarsi in stupro istituzionale.
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lunedì 19 gennaio 2009

Lavinia: storie di mamma, una storia vera


Lei si muove consueta, dandosi da fare; è, come sempre, svelta e riservata, ma alla pausa per il caffè offertole dalla famiglia presso la quale quel giorno è impegnata come collaboratrice, le da l’occasione di svelarsi familiarmente con la sua ospite e, comune destino di mamme, una nube le fora le pupille. Nel reciproco dialogo, si aprono l’una con l’altra, come valve di conchiglia. Lei, Lavinia, mamma di tre bambine, abbandonana sette anni fà la natia Moldavia in cerca di un pane meno amaro.

Si salutano, un mattino, lei e le bambine di dodici e nove anni, senza vedersi; gli occhi sono in piena come ruscelli, da ambo le parti. La piccina di tre anni dorme. Lavinia la guarda e rinuncia a darle un bacio per non interromperle i sogni e se ne va, verso l’Italia, verso l’incognito. Ha trentadue anni e il buio davanti a sé; dalla luce del suo sole s’è separata, lasciandolo in un piccolo paese moldavo. Cedendo brandelli di sé, è rondine che si allontana dal nido: fino a quando? Dopo due anni in Trentino torna a casa, reduce quale collaboratrice domestica a ore, servendo anche tre diverse abitazioni al giorno.
Le figlie trovano la mamma molto dimagrita e la esortano a nutrirsi di più: “Mamma mangia, per favore, ma tu in Italia non mangi?”
La piccola ha ora cinque anni e il dramma della partenza si ripete. È ancora notte quando deve abbandonare nuovamente tutti e ripartire per Trento. La salutano le due figlie più grandi, quattordici e undici anni, con il papà. La piccola anche stavolta dorme e il sogno della mamma vicina non va interrotto.
Lavinia, da Trento comunica spesso con casa da dove giunge puntuale la esortazione a mangiare, ”… se nò ti ammali mamma!”; le dicono che la piccola chiede di lei, continuamente. Le sorelle e papà le raccontano che la mamma è molto lontana e che tornerà quando lei sarà più grande; il giorno dopo svegliandosi, dice di essere già cresciuta e reclama la mamma lontana. Che dire? Quotidianità dolorosa e drammatica di storia dell’emigrazione, sotto ogni cielo.
Lavinia ha ora quarant’anni e seduta per il breve relax, si sfoga ancora, piangendo assieme all’ospite dove lavora e racconta l’ultimo episodio di famiglia: il giorno del suo quarantesimo compleanno le ricorda l’evento della morte di sua madre, mancatale alla sua stessa età e si lascia andare sul filo della memoria. La figlia maggiore, telefonandole quel giorno per gli auguri, la pregò di non piangere evocando la nonna e lei, zittita da un nodo alla gola non rispose; “Vero mamma che non hai pianto?” Silenzio! e allora il clich del telefono chiude la conversazione; il singhiozzo di entrambe si è incontrato nell’etere.
Destino e storie sventurate e disperanti, chi è stato emigrante lo sa. Emigranti immigrati: ecco che allora è erroneo, quando qualcuno di loro fuorviando sbaglia, fare di ogni erba un fascio e disdicevole erigersi a contegni e atteggiamenti di sufficienza, quando non di alterigia verso qualsiasi immigrato. Di loro, la stragrande maggioranza sono persone degne di rispetto. Avessimo qualche volta il coraggio di guardare a noi stessi, al nostro agire comportamentale. Diciamocelo, senza scomodare la carità cristiana, nemmeno noi siamo sempre improntati a specchio di rettitudine morale e di garbato civismo.
E questa è la storia di una emigrante mamma, una storia vera.
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mercoledì 28 maggio 2008

Un po’ di lungimiranza


Si sta assistendo, di questi tempi, ad una vera e propria caccia al Rom e all’ estracomunitario, la quale pare assumenere, in alcuni casi, i toni persecutori del pogrom, con decine di migliaia di arresti ed espulsioni di massa.
Il nuovo sindaco di Roma, per non smentire il suo indirizzo destrorso, con il preannuncio della espulsione di ventimila persone solo nella capitale, da il “la” a tolleranza zero ed al suo ‘modus operandi’ futuro.

Nessun dubbio che, chi delinque vada severamente punito, anche con la espulsione; non è però accettabile che sia fatta di ogni erba un fascio.
Qualche giorno fa, girando con un amico in città, nei pressi di una farmacia, siamo rimasti esterefatti dal comportamento di un signore (sic!) in camice bianco il quale, marzialmente mani ai fianchi, apostrofò duramente un ragazzo nero ad una decina di metri da lui gridandogli: “Te ne vai si o nò? ti devo prendere a pedate?”. Il ragazzo, visibilmente avvilito e amareggiato, si girò lentamente, andandosene.
Sorpresi, non siamo stati in grado di prendere alcuna iniziativa ed io, come ex emigrante e come cittadino di questo Paese mi sono vergognato per non avere almeno chiesto il perché di un comportamento così volgare e incivile. Che cos’è se non il razzismo da una posizione di forza contro l’impotenza a difendersi?
Come è obliata in fretta la storia di una comunità. Da tempo immemore, fino agli anni sessanta del secolo decorso, l’emigrazione locale (e italiana in genere) è spesso stata costituita da quasi degli straccioni fuggiti dalla fame. La gente trentina conta “oggi nel mondo, un numero di discendenti più o meno uguale a quello dei residenti in provincia”; già tutto rimosso dalla memoria?
È storia nota quella della discriminazione non solo razziale; penso alle retribuzioni da fame che investono il fenomeno del lavoro nero. Quanti sventurati figli di nessuno cadono spesso preda di gente satolla di ogni ben di dio, buoni cristiani praticanti e moderni negrieri i quali, oltre ad angariare il senza tetto, lo remunerano con un pugno di fave. E tutto ciò a fronte della “Dichiarazione dell’O.N.U. sui diritti umani del 1948”, art.1) “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti … e dalla Costituzione repubblicana – art. 2) La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo .- omissis – tutti sono uguali … senza distinzione di razza, di sesso, di religione, di lingua, di opinioni politiche e di condizioni sociali …
È inoltre noto come le aziende, in quasi tutte le attività non possano ormai più fare a meno degli immigrati.
Tutto il consorzio civile è destinato a trasformarsi e ad affrontare continuamente le nuove realtà, sulla base degli inevitabili mutamenti che le investono lungo il corso della storia.
Più coraggio, più realismo e lungimiranza dunque; l’imprescindibilià degli eventi umani e l’evoluzione dei tempi lo impongono.
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